Da Star Wars a TEDxAssisi. Intervista a Matteo Piselli

Da informatico a consulente digitale a organizzatore del TEDxAssisi (5 novembre 2015). Il percorso professionale e umano di Matteo Piselli è quello di un “ibrido digitale” – come ama definirsi lui –, ossia un nato nell’era analogica che si è inserito nell’era della digitalizzazione, e ne ha tratto non solo un lavoro, ma un bagaglio di valori.

In questa intervista ci racconta da dove è partito – c’entra anche “Star Wars” – e come è arrivato a organizzare un evento di tale portata nella città di San Francesco. A proposito, il tema del TEDxAssisi è “back to simplicity”, e l’ispirazione è venuta proprio dal “poverello d’Assisi”, il primo grande divulgatore del valore della semplicità.

1) Ciao Matteo, raccontaci un po’ di te. Di cosa ti occupi?
Ciao, è molto difficile per me rispondere a questa domanda, lavoro da tanti anni e l’evoluzione tecnologica e di costume hanno influenzato moltissimo la mia carriera professionale. Sono partito a metà anni ’90 come informatico aziendale, oggi sono un consulente digitale. Il mio lavoro consiste nell’occuparmi del fenomeno della digitalizzazione per conto delle aziende. La digitalizzazione abbraccia molti ambiti, come la trasformazione di documenti cartacei in elettronici, la fatturazione elettronica, la firma digitale, la Posta elettronica certificata e molto altro, fino ad arrivare alla comunicazione attraverso i canali social. Essere aggiornati su una tale mole di argomenti è molto difficile, ma l’essere sulla breccia da più di 20 anni mi ha aiutato molto.

2) Qual è stato il tuo primo incontro con il mondo digitale e cosa ti ha affascinato di più?
Il primo incontro è avvenuto nel 1979, quando mio fratello mi accompagnava a scuola, io alle elementari, lui alle superiori. Prima di entrare, ci fermavamo sempre a giocare al bar con Space Invaders, il primo videogioco a larghissima diffusione arrivato in Italia. Io avevo 8 anni, l’età giusta per essere catturato dalla nascitura era digitale.
Le prime avvisaglie dell’avvento tecnologico domestico si racchiudono negli anni che vanno dal 1977 al 1983, quando io avevo tra i 6 e i 12 anni; al massimo della mia predisposizione mentale ho potuto godere dei robottoni come Goldrake, Mazinga Z, Gundam, dei film come “Star Wars”, “Blade Runner”, “Alien”, “War Games”, dei telefilm come “Star Trek”, “Doctor Who”, “Spazio 1999”. Tutti fenomeni nuovi che ebbero un impatto irripetibile sui bambini di allora, rendendoci particolarmente sensibili alla bellezza della tecnologia.

[floated align=”center”]”Sono uno dei pochissimi ad aver visto tutti e 7 gli episodi di “Guerre Stellari” in prima visione al cinema, un privilegio, ma anche un’attitudine precisa”[/floated]

“Sono uno dei pochissimi ad aver visto tutti e 7 gli episodi di “Guerre Stellari” in prima visione al cinema, un privilegio, ma anche un’attitudine precisa”

3) Quando hai capito che il mondo digitale sarebbe stato il tuo mondo?
In realtà non subito, perché non sempre riusciamo a considerare i nostri interessi quotidiani come possibili opportunità di lavoro; per noi sono scontati, è difficile dar loro il giusto valore.
Dopo aver condotto studi in campo turistico, sono partito per il servizio militare e in quell’occasione ho avuto la fortuna di essere assegnato all’ufficio informatico della caserma, pieno di nerd come me. Oggi questo termine è abusato, tutti si sentono tecnologici, poiché gli strumenti informatici sono alla portata di tutti, ma allora si doveva scegliere di esserlo, risultando spesso tutt’altro che fighi; io l’ho fatto ed eccomi qua.

4) Per i nati dopo gli anni ottanta, raccontaci le differenze tra un “ibrido digitale” e un nativo digitale.
L’ibrido digitale ha un’educazione analogica, il contatto con il mondo digitale avviene gradualmente e, ancorché affascinato da esso, è comunque legato ai retaggi del suo passato, in particolare il concetto di possesso è molto forte e il valore materico dei media non è venuto meno. L’ibrido digitale colleziona DVD, dischi e libri, ha bisogno di un hard disk capiente per archiviare i file, mette via migliaia di foto che non rivedrà mai più, ma non può farci niente, la sua educazione è analogica, la fruizione coincide con il possesso.
Il nativo digitale non possiede, usa. Non ha bisogno di hard disk, perché non gli interessa sapere dove si trova il file, gli interessa solo usarlo, per lui fruizione e possesso non coincidono, il valore materico dei media è molto limitato.
L’ibrido è in grado di comunicare con il nativo, può insegnargli il metodo, il valore del possesso, l’utilizzo corretto del tempo, ma avrà sempre un limite legato al suo retaggio, quindi non potrà mai eguagliare l’attitudine del nativo, destinato a scoprire nuove strade inaccessibili al maestro.

5) Dicci del progetto TEDxAssisi. Quando e perché hai pensato di imbarcarti in questa impresa?
Il mio primo TEDx risale al 2011. A Roma si svolgeva il TEDxTransmedia, organizzato da Nicoletta Iacobacci al MAXXI, novità assoluta nel panorama italiano, anche perché era totalmente in inglese. Al tempo la mia conoscenza di questa lingua era molto limitata, ma non mi feci intimorire e partecipai, gustandomi 8 ore di evento in prima fila, conscio di star partecipando a qualcosa di assolutamente interessante. Finito l’evento sono tornato a casa pieno di entusiasmo e ho scritto a Nicoletta una email molto dettagliata sulle mie impressioni. Lei ne risultò molto colpita e mi propose di partecipare come volontario l’anno successivo. Mi misi a studiare inglese e mi presentai esattamente un anno dopo, pronto a dare il mio contributo, che fu tanto gradito da offrirmi la possibilità di entrare nel team tecnico l’anno successivo e addirittura nel ruolo di community manager nel 2014, a Ginevra, in inglese. Finita questa esperienza, e partecipando sotto varie vesti ad altri TEDx, mi sono confrontato con la mia mentore che mi ha dato la sua benedizione e mi ha spinto a lanciarmi nell’impresa.

6) Che cosa significa “back to simplicity”, il tema alla base dell’evento?
Chi fa il nostro lavoro ha sotto gli occhi i cambiamenti socioculturali correnti e non può far a meno di notare che siamo a un passo dal collasso economico, oltre che sociale e culturale, tanto che le persone, partendo dal basso hanno incominciato a reagire, organizzandosi autonomamente e dando vita alla sharing economy, nella quale il vero valore aggiunto è la condivisione di beni e servizi.

Nel 1200 un piccolo uomo di nome Francesco era arrivato a una simile conclusione; dopo aver vissuto un’epoca buia e dolorosa, lui faceva della semplicità la sua arma più forte e io credo che un ritorno alla semplicità, sia la chiave per un secondo Rinascimento.

7) Quali difficoltà hai incontrato durante l’organizzazione dell’evento e come sei riuscito ad arginarle?
La prima difficoltà consiste nell’ottenere la licenza, cosa tutt’altro che scontata, poiché si basa sulla presentazione di una domanda (application) da scrivere in inglese, nella quale si deve rispondere a numerose domande di fattibilità e convincere TED a prendere in considerazione il proprio progetto.
Nel mio caso, il tema è piaciuto tantissimo, ma all’inizio non mi volevano concedere la licenza per una città importante come Assisi. In fondo era la mia prima volta. Dopo una Skype call con una dei capi di TED, durata un’ora, ho dato tutto quello che avevo e ho ottenuto la licenza.
I passi successivi sono stati: il reperimento dei fondi, il reclutamento dei collaboratori e il coinvolgimento delle istituzioni, un lavoro mastodontico che mi ha quasi completamente prosciugato, quasi.

8) Qual è la cosa più preziosa che ti sei portato a casa da questa esperienza?
Il vero punto di forza di qualsiasi TEDx è la sua capacità di far incontrare persone che non si sarebbero mai incrociate diversamente. Il particolare ambiente di condivisione favorisce l’entusiasmo dei partecipanti, gli speaker si intrattengono con il pubblico, che risponde interessato alle argomentazioni trattate. I momenti off-line si trasformano in eventi nell’evento e l’organizzatore può lasciare che tutto scorra liberamente.
La cosa più preziosa che ho ricevuto sono stati i grazie da parte di persone che non erano assolutamente preparate a vivere un’esperienza tanto profonda.

9) Quale consiglio daresti a chi decide di sfruttare il digitale per creare community e iniziative di valore sul modello di TEDx?
Il successo di TEDxAssisi è in larga parte dovuto al lavoro svolto dai miei giovani collaboratori, quasi tutte collaboratrici, in effetti. Come ho già detto sopra gli Ibridi digitali hanno la capacità di guidare e insegnare, anche di presentare al limite, ma i veri fruitori degli strumenti digitali sono i giovani. Individuare i migliori del territorio è stato il mio vero successo, mi ha permesso di avere testi eccellenti grazie a Serena Agneletti, diffusione attraverso i media tradizionali grazie a Federica Cesarini, organizzazione logistica di primissimo livello, grazie a Daniela Buglione, 5° posizione nei tweet trend topics grazie a Giusy Congedo e alla sua social crew.

10) Il prossimo sogno che porterai fuori dal cassetto?
Non ho un solo sogno nel cassetto, ma in linea di massima mi piacerebbe consolidare l’esperienza di TEDxAssisi favorendo la divulgazione delle buone pratiche al di fuori dei canali social tradizionali, dove spesso ci troviamo a parlare con le stesse persone, mentre dovremmo avere l’umiltà di utilizzare anche mezzi più tradizionali, dove siamo meno conosciuti e protetti, al fine di contribuire a “ideas worth spreading” (idee che val la pena diffondere, motto TED.)

Le parole di Matteo Piselli insegnano che volere è decisamente potere, anche quando un progetto sembra essere “troppo” ambizioso. Riflettici, e se hai un sogno nel cassetto non lasciarlo lì, portalo fuori e condividilo con le persone giuste. E ricorda che nei finanziamenti Auxilia Finance troverai un sostegno concreto per trasformare i tuoi sogni in progetti.