SimplyBiz intervista Samuele Lupidii

Lunedì 9 dicembre 2013 Paolo Tosatti ha intervistato Samuele Lupidii per la rivista online SimplyBiz

Samuele Lupidii, delegato nazionale Rapporti Istituzionali, Trasparenza e Compliance del Credito della Fiaip: “Il futuro della distribuzione del credito passa per reti esterne alle banche formate da professionisti preparati e competenti”

Samuele-Lupidii“Fino a poco tempo fa, mentre negli altri Paesi europei le banche avevano da tempo iniziato a chiudere gli sportelli e a razionalizzare la distribuzione, in Italia gli istituti facevano a gara per aprirne di nuovi. Così, in un momento complicato come quello che l’intera economia mondiale sta attraversando, le banche si ritrovano a far fronte costi strutturali molto elevati, con un Roe (la redditività del capitale in termini di utile netto, ndr) in calo. Questo determina la necessità di ripensare il tradizionale modello di distribuzione, affidandosi a reti esterne”. Per Samuele Lupidii, delegato nazionale Rapporti Istituzionali, Trasparenza e Compliance del Credito della Fiaip, il futuro della distribuzione del credito è inscindibilmente legato a un cambio di paradigma che tenga conto della riforma della disciplina del settore della mediazione e dell’attuale contesto di mercato.

Perché una banca dovrebbe rivolgersi a una rete esterna? È la scelta più sensata dal punto di vista economico, visto che consente una riduzione dei costi in un momento in cui i margini di profitto si vanno assottigliando. Chiaramente deve trattarsi di reti strutturate, composte da soggetti dotati di elevata professionalità e di tutti i requisiti previsti dalle norme del decreto legislativo 141. Anche perché uno dei problemi collegati è rappresentato dalla tutela della reputazione delle banche che decidono di rivolgersi a questi soggetti.

Come si risolve questo problema? Nel momento in cui un collaboratore di una società di mediazione creditizia intermedia un determinato prodotto di finanziamento si pone agli occhi del cliente non tanto come un rappresentante della società di cui è dipendente, quanto piuttosto come un emissario della banca che mette a disposizione il prodotto in questione. Da qui l’esigenza che i soggetti che si occupano di mediazione creditizia siano preparati, competenti e professionali. Un simile risultato può essere ottenuto in primo luogo grazie a una formazione continua, magari portata avanti in coordinamento con gli istituti finanziari partner. È inoltre importante strutturare il più possibile questo tipo di partnership, “brandizzandole” ove possibile. Oggi alcuni mediatori creditizi operano senza che ci sia un contratto tra la banca e la loro società. Si tratta di un sistema di lavoro che lascia aperti troppi margini di incertezza, che finiscono inevitabilmente per creare problemi e magari danni ai consumatori e agli stessi istituti di credito. Inoltre un rischio collegato è quello dell’abusivismo.

Un fenomeno di cui sono in molti a lamentarsi… Certo, perché i 180.000 iscritti nel precedente elenco della Banca d’Italia oggi non si sono vaporizzati, molti di loro continuano a operare. L’abusivismo deve essere combattuto attivamente. Un primo importante passo in questo senso è stata la firma del protocollo d’intesa con cui è stato istituito l’Osservatorio per il contrasto all’esercizio abusivo dell’attività di intermediazione del credito. Per contrastare questo fenomeno ognuno è chiamato a fare la sua parte: le società di mediazione creditizia e i loro soggetti devono operare secondo le disposizione di legge; le associazioni di categoria devono vigilare sulle attività dei loro iscritti; anche le banche devono fornire il proprio contributo, non accettando pratiche da parte di soggetti che non risultano iscritti agli elenchi dell’Oam. Esiste inoltre anche un abusivismo dato da un’operatività difforme da parte di chi abilitato lo è. Per questo è fondamentale la funzione di audit interno delle società di intermediazione del credito. Ritengo, a tal proposito, che sia necessario essere ben strutturati e in un numero di dipendenti/collaboratori congruo affinché non si tralascino gli opportuni presidi a tutela di un lavoro che deve essere svolto secondo le regole.

Se queste regole trovassero applicazione il 2014 diventerebbe l’anno della ripresa? A mio avviso il 2014, almeno nella parte iniziale, sarà un altro anno di transizione, che servirà da una parte alle autorità preposte per finire di emanare le norme di dettaglio della nuova disciplina e dall’altra agli operatori per assestarsi e organizzarsi in base appunto alla nuova normativa.

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